il film con Russell Crowe è oltre
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La verità è che negli anni il cinema americano ha fatto degli esorcismi un sottogenere dell’horror a sé. Il capostipite è il film di William Friedkin, L’esorcista, da lì vengono le caratteristiche fondamentali del genere: un prete duro come protagonista, posseduti che fanno cose assurde, sempre trasfigurati e con voci che non gli appartengono, gente che va liberata, i parenti come comprimari e una lotta d’azione che coinvolge anche un prete più debole e giovane oltre alla moralità dei buoni. Raramente è uscito qualcosa di buono da questo filone e soprattutto, nonostante il film di Friedkin avesse un clamoroso equilibrio tra paura, convenzioni horror e qualche vaga forma di plausibilità (almeno nelle azioni e reazioni dei preti), a dominare è sempre una visione senza senso della chiesa cattolica e delle sue dinamiche. Presa sul serio. L’esorcista del Papa invece non prende niente sul serio e tratta questo genere per l’assemblaggio di invenzioni che è, intendendolo come qualcosa di simile ai cinecomics.

Dal punto di vista del cinema horror siamo nella convenzionalità più totale, le voci dei demoni e tutte le librerie di suoni sono quelle che già conosciamo, i passaggi obbligati degli esorcismi sono quelli che ci aspettiamo come anche il grande confronto finale. In mezzo ciò che stupisce è tutto quello che di esagerato viene aggiunto come pozzi pieni di teschi risalenti all’Inquisizione, una libreria vaticana piena di gente incappucciata in cui ci sono solo volumoni scritti in caratteri bizantini, un dungeon con un trono malefico, artefatti della chiesa usati come armi, il papa che affida a padre Amorth dei casi come fosse il capo dell’FBI, tuoni, fulmini e saette e via dicendo. Russell Crowe si muove in tutto questo assumendo su di sè tutte le caratteristiche giuste dell’eroe e nessuna dei veri preti. E fa bene. Anche lui va all-in, consapevole che fare le cose a metà è peggio che non crederci almeno fino in fondo.

Se solo tecnicamente fosse fatto bene, se non avesse quell’uso criminale delle musiche, quei dialoghi da poco e quella maniera di ostentare le convenzioni come fossero invenzioni proprie, si potrebbe quasi gridare al capolavoro di sovversione, alla raffinata operazione di metacinema con la quale smitizzare gli esorcismi, affermandone la natura totalmente di finzione e consegnadoli al reame cui appartengono, quello della fantasia. E tutto proprio prendendo di petto una delle figure più rispettate di quel mondo (padre Amorth per l’appunto). Invece l’impressione è sempre quella che questo sia un film molto più divertente di quanto i suoi autori non pensino che sia.



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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-04-13 15:35:32 ,

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